“Guai
a focalizzarsi soltanto sugli strumenti», avverte la professoressa
Dianora
Bardi, che insegna italiano e latino in un Liceo e si occupa di
formazione su incarico del Ministero
dell'Istruzioni.
“Prima s’è fatto un gran parlare delle tecnologie, ora si parla
di arredi 3.0. Il punto però è un altro:bisogna
aiutare i docenti a trovare nuovi linguaggi con cui comunicare coi
giovani, ai quali noi insegnanti dobbiamo rivolgerci con umiltà,
scendendo dalla cattedra.
Dobbiamo offrire modalità e occasioni che permettano loro di
personalizzare l’apprendimento, di esprimersi liberamente, di
gestire la conoscenza. Nella mia classe ho abolito persino il lavoro
di gruppo perché ho capito, osservando i ragazzi e parlando con
loro, che anche il lavoro di gruppo e i banchi a isola vengono
vissuti come un’ulteriore suddivisione del lavoro. Allora
ho cominciato a smantellare i gruppi e a mettere da parte anche i
banchi: i ragazzi si sistemano come vogliono all’interno della
classe,
anche seduti per terra, poco importa. Io assegno loro un lavoro, do
alcune indicazioni e sto lì con loro. Dopo un’ora di lavoro
autonomo, facciamo il punto tutti assieme.” Di quanta tecnologia ha
parlato in questo esempio la prof Bardi? Quanti soldi, quanti
investimenti, quanti pc e quanti tablet servono per fare ciò che si
propone in questo estratto? Praticamente zero.
Certo, tutto sarà ancora più cool
quando
i ragazzi potranno aggiungere le meraviglie della web conference e
dell’ipertesto a questo contesto, ma investimenti – veri! –
nelle strutture. Scuole e scuole, insegnanti e insegnanti.
Arturo
Marcello Allega su educationduepuntozero.it: “…(nella nuova
scuola digitale) la valutazione non è più un’azione uno-a-uno,
dell’uno verso i molti. La valutazione del percorso e del risultato
è frutto di una collaborazione di tutti e a tutti visibile. La
diversità nasce dalla scelta che si evolve autonomamente e
liberamente lungo coordinate che definiscono la “persona
competente” con unicità intrinsecamente rappresentate nel (e dal)
suo percorso. Quindi la valutazione può essere collegiale con una
sorta di assegnazioni al merito di ognuno fatta da una valutazione di
percorso e di risultato, in parte generata da un “indice di
gradimento” e dall’altra da un “indice di apprendimento
disciplinare”. La valutazione disciplinare del docente si potrà
infine confrontare con la valutazione del cloud.” Di
nuovo provoco: servono
teconologie avanzatissime per far questo? Non si parla di presupposti
già oggi richiesti a un docente? E se non è così, dandogli un
tablet in mano e una LIM in classe questi si trasformano? Nelle mie
classi, da sempre, discuto i voti con gli alunni, chiedo suggerimenti
e proposte, e infine valutiamo e decidiamo tutti insieme (ovviamente
sotto la mia guida). Senza computer.
La
Scuola non può tutta
affannarsi a mediare contenuti alti
attraverso media bassi.
Che si confini il dibattito dove si elabora la pedagogia, e che si
pensi invece a esternare in pubblico che – almeno alla Scuola
italiana – servono muri che non crollino, stipendi meno ridicoli,
revisione dei programmi ministeriali, ampliamento dell’offerta
pomeridiana, perché questi sono i temi che miglioreranno davvero la
Scuola, e
poi
in seguito saranno necessari semplicemente buoni
maestri.
Maestri che evitino gli eccessi di entrambe le vie, quella che vuole
preservare la tradizione umanista e Scolastica, e quella
dell’insegnante super-moderno, che spinge la figura di insegante in
un campo quasi meramente tecnico. Maestri – anche - di un nuovo
campo disciplinare, una nuova Educazione
(civica) Digitale (al
momento siamo
sprovvisti di definizioni
davvero nuove e stabili di “società digitali”, figuriamoci
quanto siamo lontani da una Costituzione del Mondo Digitale che possa
costituire il corpus di studio per una simile disciplina).
Quindi, nel frattempo, si lasci separata l’istruzione dalla
produzione, si superi questa incestuosa miscela depurandone i singoli
elementi, e magari – sarà mai possibile? – una più serena, sana
e affidabile Scuola saprà rispondere quando necessario anche ai
richiami isterici delle aziende in crisi e delle società allo
sbando.
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