martedì 29 dicembre 2015

09 La scuola è una grande conquista o deve attrarre clienti?


Mi permetto quindi una domanda: nessuno intende tornare ai tempi dei fagioli sotto le ginocchia o delle bacchettate sui palmi aperti, ma mi si può spiegare per quale motivo, inseguendo la decadenza, bisogna semplificare, rendere attraente, infiorettare, facilitare, addolcire i programmi con giochi, e-books, colori attraenti e lucine luminose? Perché è questa la modernizzazione che non posso appoggiare, quando essa si presenta come il genitore questuante: “Lo so che mio figlio ha preso tre, ma non c’è proprio modo di promuoverlo?”, o come il libro a figure enormi per essere più attrattivo.

Lo dico insieme a Marino Sinibaldi, attento osservatore della realtà moderna, oggi direttore di Rai Radio3 (Un millimetro più in là, Laterza 2014): “Il libro sviluppa in una forma molto peculiare due straordinari processi umani: l’immaginazione e l’immedesimazione. Faccio fatica a trovare forme di rapporto con la realtà che abbiano la stessa capacità della lettura di stimolare l’immaginazione (che è la spinta ad andare oltre i limiti di quello che ci è dato, del già visto o sentito) e di generare immedesimazione (ossia la capacità di entrare dentro un altro diverso, lontano, perfino opposto da noi)”. Per assurdo, un libro meno illustrato e facilitato non induce forse più sforzo e dunque allenamento alle capacità di immedesimazione e di immaginazione? Non rischia questo sconfinato panorama a disposizione di qualunque ragazzo abbia una connessione in rete di annullargli in pochi anni l’insieme del “non ancora dato, non ancora visto, non ancora sentito”?
L’approccio “commerciale” degli editori scolastici non è tanto più colpevole di quello esibito dagli stessi dirigenti scolastici, che oggi (in preda all’autonomia) istituiscono nelle loro scuole i corsi più disparati per poter accaparrarsi anche quell’anno il minimo di alunni per formare il minimo di classi ecc… ecc… Questo non l’ho mai capito. Le scuole italiane si fanno concorrenza anche senza essere private, si rubano gli allievi a vicenda, si studiano fra scuole vicine per capire come mai hanno preso tot iscrizioni più di noi, si arrovellano per capire come diventare più attraenti per le famiglie. In una scuola pubblica questo è per me inaccettabile, soprattutto nella misura in cui le scuole pubbliche italiane riescono a comportarsi da scuole private anche senza che lo Stato lo abbia chiesto: gli è venuto naturale! Anche qui stessa domanda: non è possibile che i presidi si possano dedicare alla qualità della loro scuola noncuranti del numero di iscrizioni? Perché un preside deve intristirsi se un ragazzo della sua città ha deciso di frequentare il vicino istituto professionale invece del suo liceo? Perché non si spezza mai il perverso legame (tipico del privato) fra compensi, numero di cattedre, numero di allievi, responsabilità, manovre di tutti i tipi per preservare questa o quella cattedra, questo o quel professore.
I più lucidi nell’analisi sono in genere quelli che da questa trasformazione sono tenuti a guadagnare, cioè gli editori: Andrea Chiaramonti, Amministratore Delegato Giunti Scuola: "Abbiamo quindi immaginato la scuola come sistema, una startup che deve essere aiutata per partire. I prodotti che mette a disposizione Microsoft possono aiutare la scuola a dialogare. Noi forniamo il registro elettronico che è un sistema di comunicazione scuola-famiglia e controllo attività". Più chiaro di così! Problemi di Marketing Scolastico? Ci pensa Microsoft! “Dal 2014 venderemo nelle scuole anche un pacchetto per gli insegnanti che comprenderà software e hardware. Un Acer V5, con pacchetto Microsoft Office 365 e la suite di programmi IES (Intel Education Software) e nostri contenuti. Tematiche per la didattica". Voilà!

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