Una
rivoluzione antropologica come quella che stiamo osservando comporta
un azzeramento totale del background storico, del tessuto sociale (e
dunque scolare) che per tradizione ha sempre accompagnato, direi
coccolato, lo sviluppo del giovane cittadino. Qualcosa del tipo
“Generazione X” di quarant’anni fa. Una cosa che segnalo spesso
è che la stessa malattia (la chiamerò “Zero History”) affligge
tutte le classi sociali, e tutti i tipi di allievi: per spiegare in
qualche modo il panorama delle sensibilità che si incontrano in una
classe di adolescenti, dirò che si va sostanzialmente da “apatia”
a “bronx”. O ti trovi in una classe terza-quarta di un Liceo
pieno zeppo di “buone famiglie” dove i ragazzi proprio perché
mediamente più capaci o semplicemente più allenati allo studio,
sono spesso talmente scollati dall’attività scolastica,
perennemente immersi nel loro mondo così tanto più stimolante, da
vivere un tangibile “complesso di superiorità” rispetto a
un’istituzione che si pone loro davanti in modo così goffo e
impreparato.
Oppure
finisci in un Professionale dove già in classe prima o seconda devi
affrontare il problema della droga, di bulli alti il doppio di te che
terrorizzano allievi e docenti, di situazioni familiari al limite del
sopportabile, di un livello di alfabetizzazione e di scolarizzazione
sempre più imbarazzante (ricordiamo che in Italia le Scuole Medie
vivono ancora il feeling – forse solo un pelino datato?
– di una pulsione generalista e mediocratica della Scuola che ha
coniato ormai quasi quarant’anni fa il termine “inclusiva” per
intendere una Scuola Media che dovesse “prendere su un po’ tutto
e
mandare avanti”
senza fare troppe storie, rispondendo così al problema
dell’abbandono e rimandando i temi didattici alle superiori).
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