In
sintesi, convincersi di essere sulla soglia dell’Era del SuperUomo,
in grado di generare super-abilità - che a loro volta sono poi causa
di instabilità, depressione, disuguaglianze - assomiglia un po’ ai
miti del super-ego di altri tempi. Mi pare una modernità zoppa
quella che non fa altro che concentrarsi sui primissimi in gara senza
curarsi di come la stessa modernità e progresso non siano nocivi
invece che supportivi per gli ultimi della fila. Non si vede ancora
un possente slancio verso la democratizzazione di tanti benefici,
verso il riempimento di quelle falle chiamate digital
divide
che ancora separano nettamente le capacità di una piccola frazione
del pianeta da quelle della maggioranza. Ciò che sta accadendo non
lo si potrà chiamare Progresso della Razza Umana, finché, appunto,
i suoi crismi e soprattutto i suoi vantaggi non saranno redistribuiti
su tutta la popolazione umana, ma questo forse
è un discorso vecchio, da immigrato
digitale!
Io
stesso tempo
fa per
dare una ripassata veloce ai numeri Complessi, ho usato la pagina
FaceBook
di
un grosso gruppo sulla Matematica,
e seguendo un paio di thread su esercizi contenenti numeri Complessi
ho ricapitolato tutto in poco tempo. Molto efficace, perché la forma
dialogica mi ha portato a ripercorrere in modo velocissimo i miei
stessi dubbi e ricordi smangiucchiati della teoria di C.
Il
Recupero
e la Ricostruzione Didattica vengono agevolati, velocizzati e
ottimizzati, ma non potranno mai sostituire la mia conoscenza di base
sulla teoria che precede i numeri C, e che mi permette di ricostruire
velocemente! E' ovvio, se si parla di intuizioni numeriche di base,
di subitizing,
bastano due paroline messe bene e il concetto è bell'e
ricostruito. Esempio: girano molti video su youtube di ragazzi che
spiegano ad altri ragazzi, con linguaggi quanto più possibili
semplificati
e
adattati, principi e teoremi di matematica, anche discretamente
complicati. Va benissimo, finché però questo tipo di ricostruzione,
e di "filologia" dura un tempo ristretto, necessario
appunto a "ricostruire" qualcosa che invece in passato è
stato, appunto, "costruito", con calma ed attenzione,
grazie a un insegnamento che sia stato a
suo tempo condiviso,
ben compreso e assimilato.
Alzo
invece un forte allarme se e quando diventa centrale questo tema
della didattica 2.0, dell'alleggerimento come "traduzione nella
lingua dei nativi digitali", dell'affastellamento di
semplificazioni necessarie poi in sostanza a "sbarcare il
lunario" intendendo con questo il minimo esercizio quotidiano
richiesto a scuola (di cui si può proiettare l'immagine futura di un
impiegato che per risolvere un problema che dovrebbe essere in grado
comunque di risolvere da solo si affida con superficiale automaticità
alle tecnologie guadagnando sicuramente tempo ma perdendo la
possibilità di personalizzazione, e di
sicuro spendendo
molto di più in termini energetici).
Mi
pare triste oltre che dannoso quando questi affanni diventano essi
stesso l'inizio e la fine del percorso educativo, o quando diventano
addirittura parametri da misurare per comprendere il livello
qualitativo di un insegnante o di una scuola, o ancora quando si
tramutano in appelli e slogan politici.
Affanni
che diventano il cruccio dell'insegnante, che così semplificando si
sente di sicuro molto 2.0, ma si auto-esclude egli stesso dalla
possibilità di lavorare con più soddisfazione, su un rapporto
educativo più profondo e costruttivo, che nel tempo vada a
migliorare perché la Scuola sia in grado di svolgere la sua funzione
- Migliorare
- anche sugli insegnanti.
Affanni
per gli allievi, che forse hanno oggi un'impressione di "facilità"
e di "fattibilità" dell'impegno scolastico che non ha
nulla di negativo in sé, ma che in fondo non li aiuta davvero a
svilupparsi in un percorso comunque più dialogato con la scuola e
con i docenti, non li prepara davvero e non li facilita quando li
lancia nel mondo con piccolissime, se non inesistenti, ali per
volare.
Certo,
posso “migliorare”, ad esempio, il mio insegnamento della
Matematica perché grazie alle NT ho anch’io un laboratorio, che
prima poteva essere composto solo di quaderno e penna e al massimo di
qualche invenzione con carta, forbici e costruzioni, e
oggi
invece è un vero e proprio tavolo di lavoro giustamente “virtuale”
come lo sono le idee della teoria scientifica. E dunque un ragazzo
oggi può davvero lavorare con un triangolo, muoverlo nello spazio e
valutare come la teoria prende forma, ma tutto
ciò non
prescinde
e non modifica
i miei racconti su “come” l’uomo ha incontrato la forma
“triangolo”, e che percorso lungo e travagliato sia la
teorizzazione, la dimostrazione e la conseguente applicazione di un
principio geometrico. Non si potrà avere una forma migliore per
ascoltare “L’infinito” di Leopardi che non
sia
la voce esperta di un appassionato professore di Lettere. Né mi
aiutano un granché le tecnologie a spiegare i motivi di una guerra o
la storia di una religione. Certo che dovrò veicolarle attraverso i
veicoli più consoni agli allievi che ho di fronte, ma qual è la
novità in questo? E non è importante mantenere distaccati gli
insegnamenti SULLE nuove tecnologie dagli insegnamenti CON le
nuove tecnologie?
E’
senz’altro indispensabile mantenere in tutte le scuole un nucleo di
insegnamenti tecnici sulle nuove competenze digitali, e
conservare
l’identità e l’integrità delle “altre” discipline che
ovviamente hanno tutto da guadagare dall’applicazione intelligente
dei nuovi supporti. Se non è possibile escludere la scuola e i suoi
attori dall’uniformazione e “militarizzazione” richieste dalle
nuove dinamiche economiche, che resti quantomeno lecito mantenere
quello che ci hanno invidiato per tanti anni gli statunitensi, cioè
un generalismo
culturale – inteso nell’accezione più alta
del termine - che funga da sostrato a qualunque spinta ulteriore
giunga all’allievo. Ancora Franco de Anna: “Se si vuole mantenere
la distinzione-indipendenza tra formazione e condizionamenti
economico-produttivi il problema da affrontare non consente il
semplice rifugio in un supposto “primato umanistico” ma si
proietta in una capacità di immaginare e ricostruire una dimensione
“onnivalente” dell’uomo”.
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