martedì 29 dicembre 2015

13 Possiedi la tua Cultura!


In sintesi, convincersi di essere sulla soglia dell’Era del SuperUomo, in grado di generare super-abilità - che a loro volta sono poi causa di instabilità, depressione, disuguaglianze - assomiglia un po’ ai miti del super-ego di altri tempi. Mi pare una modernità zoppa quella che non fa altro che concentrarsi sui primissimi in gara senza curarsi di come la stessa modernità e progresso non siano nocivi invece che supportivi per gli ultimi della fila. Non si vede ancora un possente slancio verso la democratizzazione di tanti benefici, verso il riempimento di quelle falle chiamate digital divide che ancora separano nettamente le capacità di una piccola frazione del pianeta da quelle della maggioranza. Ciò che sta accadendo non lo si potrà chiamare Progresso della Razza Umana, finché, appunto, i suoi crismi e soprattutto i suoi vantaggi non saranno redistribuiti su tutta la popolazione umana, ma questo forse è un discorso vecchio, da immigrato digitale!
Io stesso tempo fa per dare una ripassata veloce ai numeri Complessi, ho usato la pagina FaceBook di un grosso gruppo sulla Matematica, e seguendo un paio di thread su esercizi contenenti numeri Complessi ho ricapitolato tutto in poco tempo. Molto efficace, perché la forma dialogica mi ha portato a ripercorrere in modo velocissimo i miei stessi dubbi e ricordi smangiucchiati della teoria di C.
Il Recupero e la Ricostruzione Didattica vengono agevolati, velocizzati e ottimizzati, ma non potranno mai sostituire la mia conoscenza di base sulla teoria che precede i numeri C, e che mi permette di ricostruire velocemente! E' ovvio, se si parla di intuizioni numeriche di base, di subitizing, bastano due paroline messe bene e il concetto è bell'e ricostruito. Esempio: girano molti video su youtube di ragazzi che spiegano ad altri ragazzi, con linguaggi quanto più possibili semplificati e adattati, principi e teoremi di matematica, anche discretamente complicati. Va benissimo, finché però questo tipo di ricostruzione, e di "filologia" dura un tempo ristretto, necessario appunto a "ricostruire" qualcosa che invece in passato è stato, appunto, "costruito", con calma ed attenzione, grazie a un insegnamento che sia stato a suo tempo condiviso, ben compreso e assimilato.
Alzo invece un forte allarme se e quando diventa centrale questo tema della didattica 2.0, dell'alleggerimento come "traduzione nella lingua dei nativi digitali", dell'affastellamento di semplificazioni necessarie poi in sostanza a "sbarcare il lunario" intendendo con questo il minimo esercizio quotidiano richiesto a scuola (di cui si può proiettare l'immagine futura di un impiegato che per risolvere un problema che dovrebbe essere in grado comunque di risolvere da solo si affida con superficiale automaticità alle tecnologie guadagnando sicuramente tempo ma perdendo la possibilità di personalizzazione, e di sicuro spendendo molto di più in termini energetici).
Mi pare triste oltre che dannoso quando questi affanni diventano essi stesso l'inizio e la fine del percorso educativo, o quando diventano addirittura parametri da misurare per comprendere il livello qualitativo di un insegnante o di una scuola, o ancora quando si tramutano in appelli e slogan politici.
Affanni che diventano il cruccio dell'insegnante, che così semplificando si sente di sicuro molto 2.0, ma si auto-esclude egli stesso dalla possibilità di lavorare con più soddisfazione, su un rapporto educativo più profondo e costruttivo, che nel tempo vada a migliorare perché la Scuola sia in grado di svolgere la sua funzione - Migliorare - anche sugli insegnanti.
Affanni per gli allievi, che forse hanno oggi un'impressione di "facilità" e di "fattibilità" dell'impegno scolastico che non ha nulla di negativo in sé, ma che in fondo non li aiuta davvero a svilupparsi in un percorso comunque più dialogato con la scuola e con i docenti, non li prepara davvero e non li facilita quando li lancia nel mondo con piccolissime, se non inesistenti, ali per volare.
Certo, posso “migliorare”, ad esempio, il mio insegnamento della Matematica perché grazie alle NT ho anch’io un laboratorio, che prima poteva essere composto solo di quaderno e penna e al massimo di qualche invenzione con carta, forbici e costruzioni, e oggi invece è un vero e proprio tavolo di lavoro giustamente “virtuale” come lo sono le idee della teoria scientifica. E dunque un ragazzo oggi può davvero lavorare con un triangolo, muoverlo nello spazio e valutare come la teoria prende forma, ma tutto ciò non prescinde e non modifica i miei racconti su “come” l’uomo ha incontrato la forma “triangolo”, e che percorso lungo e travagliato sia la teorizzazione, la dimostrazione e la conseguente applicazione di un principio geometrico. Non si potrà avere una forma migliore per ascoltare “L’infinito” di Leopardi che non sia la voce esperta di un appassionato professore di Lettere. Né mi aiutano un granché le tecnologie a spiegare i motivi di una guerra o la storia di una religione. Certo che dovrò veicolarle attraverso i veicoli più consoni agli allievi che ho di fronte, ma qual è la novità in questo? E non è importante mantenere distaccati gli insegnamenti SULLE nuove tecnologie dagli insegnamenti CON le nuove tecnologie?
E’ senz’altro indispensabile mantenere in tutte le scuole un nucleo di insegnamenti tecnici sulle nuove competenze digitali, e conservare l’identità e l’integrità delle “altre” discipline che ovviamente hanno tutto da guadagare dall’applicazione intelligente dei nuovi supporti. Se non è possibile escludere la scuola e i suoi attori dall’uniformazione e “militarizzazione” richieste dalle nuove dinamiche economiche, che resti quantomeno lecito mantenere quello che ci hanno invidiato per tanti anni gli statunitensi, cioè un generalismo culturale – inteso nell’accezione più alta del termine - che funga da sostrato a qualunque spinta ulteriore giunga all’allievo. Ancora Franco de Anna: “Se si vuole mantenere la distinzione-indipendenza tra formazione e condizionamenti economico-produttivi il problema da affrontare non consente il semplice rifugio in un supposto “primato umanistico” ma si proietta in una capacità di immaginare e ricostruire una dimensione “onnivalente” dell’uomo”.

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